Durante i giorni di permanenza ad Abu Dhabi ho avuto modo di visitare la seconda moschea più grande al mondo.
Trattasi di uno di qui monumenti troppo vasti per essere guardati in un colpo solo. Già percorrerne il perimetro a piedi è impresa che richiede tempo. Ho avuto anche la fortuna di una giornata dal clima eccezionale: il sole era forte, ma non troppo violento. Spirava una provvidenziale brezzolina.
La moschea è un capolavoro architettonico. La simmetria domina le armoniche intersezioni tra linee rette e curve. Come in un tributo alla geometria frattale, ogni parte dei suoi enormi spazi è riempita da elementi che in se replicano internamente giochi di auto simmetria.
Domina un bianco accecante. Lo sconfinato pavimento maiolicato è affrescato con figure di fiori e steli che si avvolgono in spire sinuose. All’interno il tappeto più grande del mondo: un pezzo unico, dall’estensione di mezzo campo di calcio. La sensazione di camminarci sopra, rigorosamente senza scarpe, è deliziosa; pulito e soffice come un praticello appena falciato.
Avevo un’oretta a mia disposizione, ma avrei potuto perdermi un’intera giornata a correre dietro con gli occhi a tutte quelle armonie geometriche. Particolari che emergono ad ogni nuovo sguardo, dal bianco puro degli esterni, all’orgia di colori delle pareti e dei lampadari interni.
Sentendomi un po’ estraneo, ho fotografato con timore.