Durante gli anni ’80 del secolo scorso, se ti recavi a scuola privo di tolfa, cioè della inconfondibile borsetta a tasca in pelle di bue muschiato, rischiavi una importante emarginazione sociale. Ovviamente il sottoscritto non era esente dal possederla. Ognuno la personalizzava secondo la propria indole creativa, colorandola con i pennarelli, o borchiandola con accessori ameni, un po’ come si fa oggi con le copertine dei cellulari.
E c’era il grande laboratorio italiano dove questo prodotto veniva forgiato, che per l’appunto era… Tolfa; un paesello laziale spalmato all’interno di un catino naturale formato da una serie di colli aguzzi, nelle interne lande tra Santa Severa e Civitavecchia.
Il più alto di questi colli è dominato dai resti della Rocca, costruita per volere della famiglia Frangipane, che si insediò nel territorio tolfetano nel XIV secolo d.C. Una volta raggiunta la “vetta”, lo spettacolo è gioia per lo sguardo. Ieri i venti gelidi di provenienza siberiana regalavano una visibilità pressoché illimitata e a Nord si scorgeva il profilo del Monte Amiata. Più ad est, tutta la piana del viterbese, con i Cimini a guardia, poi Manziana e Canale Monterano con le propaggini dei laghi di Bracciano e Martignano. Sublime.
Ho scorrazzato un po’ con l’obiettivo, mentre nel paese una ciurma di bimbi vestiti variopinti e variegati preparava, surgelandosi per il freddo insieme alle mamme e ai papà, una festicciola di San Valentino in una piazzetta laterale, crocevia di vicoli e stradine che dislocavano nelle varie aree del paese.
Spirava un delizioso venticello ghiacciato. Temperature della giornata: min 0° – max 10°.
Luce perfetta, a 5500K precisi precisi.