A Pattada ci vai per i coltelli, ovvio. Ma da Cala Gonone la strada te la devi sudare tutta. Rullio, decollo secco a 45 gradi verso il costone calcareo della montagna; virate brusche su tornanti impossibili scavati nella roccia. Sembra di stare nel Caucaso, ma potrebbero fare la loro comparsa anche alcuni Pellerossa. Intanto il mare è già un lontano ricordo, giù, a piombo per duecento metri, fino all’improvvisa comparsa di una nera galleria, un tunnel spazio-tempo che separa est e ovest.
Dentro, la salita diventa discesa e in un attimo siamo a Dorgali; altra aria, altri alberi, altre luci. Poi iniziano i toponimi da capogiro, in un susseguirsi di curve senza sosta: Orune, Bitti, Osidda, Buddusò… Pattada.

Succede che all’arrivo il paese è deserto. Qualche macchina parcheggiata a casaccio, tra architetture a spigolo vivo e facciate colorate. Accostamenti arditi di elementi vecchi e nuovi: pensiline che frugano nello stile ventennio, balconcini a tolda di transatlantico, parapetti a colonnette. L’unico elemento traditore della presenza umana è il vocío che si intrufola tra le feritoie delle persiane ed un acciottolio di piatti qua e là. All’improvviso, tra porte e finestre casuali, compare la scritta “Museo del coltello”. Ci siamo: unici visitatori in un luogo intarsiato nella storia, nelle tradizioni e nella cultura della Sardegna. La signora alla biglietteria ci fa una breve introduzione, poi ci lascia alla visita. Nelle teche sono incastonati pezzi unici di manifattura sapiente; lavorazioni creative che non lasciano adito a dubbi. La pattadese è lì, è solo lì; di valore inestimabile. Ci viene permesso di curiosare nel laboratorio dove tutto viene immaginato e forgiato; l’antro segreto di un demiurgo: bilancini, torni, punteruoli di tutte le dimensioni, martelletti, lame sgrossate e solo abbozzate, corni di bue e muflone, crogioli, pinze, presse, ganasce e cannelli di saldatura. L’arte ha tutti i suoi strumenti antichi e sono tutti lì, in un disordinato ordine.

Usciamo come dalle pagine di una enciclopedia di arti e mestieri, per puntare la prua della macchina giù verso Alghero, sigillo e degna conclusione del Giro di Sardegna per mare, vento, storia ed immagini.

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