Ci sono volte che la montagna ti chiama, ti cresce dentro. Senti la sua forza elastica, che ti fa tornare. Se fosse per la fatica sostenuta, il sudore versato e l’impegno profuso, nessuno tornerebbe mai; ma il cervello analizza, sintetizza, sottrae, dimentica. E allora in montagna si torna sempre, per fare di nuovo il pieno, o svuotarsi completamente. Almeno chi nella vita l’ha vissuta e compresa, nei suoi lineari aspetti e nelle complesse forme interiori, fatte di limite, superamento, sfida, vittoria e sconfitta. E lei ti ripaga sempre, se la sai sedurre. Ti getta lì, davanti ad occhi appena un po’ più aperti, aria e sole, orizzonti tenui, morbidi avvallamenti ed aspre e verticali pareti, elementi fondamentali, forze dominanti. Basta saper guardare.
Ci sono tracce e sentieri che nella vita ti hanno segnato. Ci sono percorsi solitari, affrontati in passato per capire, o sapersi leggere meglio. Ci sono ricordi come ancore, duri come pietra, che sui sentieri ti inseguono; e ci sono amici che al tempo stesso ti seguono, masticano la tua stessa fatica. Ed in questo incedere a volte duro, quasi incomprensibile, non ho scorto l’ombra di una paura o di una sofferenza, ma solo sorrisi e vellutata euforia. E allora forse so di aver fatto la scelta giusta, di aver costruito qualcosa per gli altri. E questo mi basta. Tutto il resto siamo noi: Luca ed Adriana, Alessandro e Stefania, Valerio, Giovanna, e poi io, burattinaio di parole, per dirla alla Guccini; il resto sono occhiate, immagini, momenti a tempo zero, che dalla parte fanno il tutto, riempiono e imprimono, come su indelebile pellicola, tracce di inusitata spensieratezza…
Gianluca