A metà della strada, priva di rettilinei, che congiunge Montecchio a Civitella del Lago (già Civitella de’ Pazzi) stacca una strada secondaria per Località Cerreto. Il nome è ben eloquente: intorno, querce di dimensioni spropositate, che la Entconsulta di epopea tolkeniana pare una riunione di condominio… Quattro case sparse su colline piantate a vigna da cui dipanano Vocaboli dai nomi agresti. Si imbocca il Vocabolo Rota ed il tempo fisico smette di esistere; la pavimentazione si fa sempre più esigua, sino a terminare del tutto, lasciando posto a buche di dimensioni pleistoceniche. Si scende, probabilmente verso Frittole, sino ad uno pseudo-cancello formato da due colonne in laterizio rosato. È lì che precisamente inizia il nostro romanzo bucolico: il casale giace sornione a mezza costa, proiettato verso una valle nella quale si intersecano vigneti e campi arati a pettine nei quali troneggiano alberi solitari. Alle spalle un bosco erto ed impenetrabile al quale fa da fermaglio un cerro gigantesco, dal quale piovono ghiande a cadenza costante.
[…]Il casale ha tutte le sue cosine: un praticello all’inglese sormontato da un pergolato dal quale esondano neri grappoloni di uva fragola dal profumo intenso; il portico in pietra locale con colonnato ed angolo cottura con griglia, canna fumaria e lavabo in marmo. Le pietre sono color ocra e le dimensioni della struttura rimandano a tempi medioevali, in cui l’uomo costruiva funzionalmente a se stesso, rispettando canoni geometrici pressoché perfetti. All’interno stanze spaziose e luminose, una cucina tutta da vivere, con caminetto e mobili in arte povera che di povero non hanno alcunché. Pronunziare la parola IKEA è bandito, pena la folgorazione con fulmine a ciel sereno.
È uno di quei posti che ti vuole tutto per se e la sola idea di andare a mangiare fuori non ti sfiora neanche di striscio. Approntiamo uno di quei pranzi che si vedono nelle scene finali dei film di Özpetek, in cui la camera fa quei piani sequenza circuitando intorno alla tavola ed intersecando le storie ed i volti di ciascun commensale. Il tutto condito da un panorama illimitato ed illuminato da luce radente con nebbiolina giallo ocra. Ci perdiamo tra le parole, i sapori, il vinello ed i colori della campagna ed il tramonto arriva come una copertina a chiudere una giornata di viaggio, di fotografie e di spensierata allegria.
[…]Ci risvegliamo immersi in un nebbione fantozziano, che presto dirada per lasciare posto ad un sole radioso. Ci perdiamo nelle pieghe dell’Umbria, fra castelli solitari, stradicciole di campagna con curve impossibili e le soleggiate sponde del Lago di Corbara, sulle quali troneggia la mole della imponente diga. Poi, attratti come da un irresistibile magnetismo gravitazionale, rientriamo al casale per goderci le ultime ore di luce.
Un weekend da masterizzare.
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