Colori da Terra di Mezzo. Tempeste interiori. Io e Vincenzo allineati anche in quello. In macchina le parole corrono, cullate da centinaia di curve asfaltate della Strada Provinciale 29a che stacca da Carsoli e si avventura in luoghi di nessuno, regno di affascinante anarchia edilizia con richiami al Surrealismo. Intorno una vegetazione che sembra essere uscita da un post-uragano: alberi spezzati, cespugli e rovi scompigliati dalla furia degli elementi. In apparenza i segni di una nevicata imponente, ma solo pioggia e vento, tanto vento, ci conferma la signora del bar, resa improvvisamente loquace dalla vista di due avventori con borse e cappucci.
Veniamo da un inverno invisibile, sotto i colpi di un insistente e maledetto scirocco; ma nell’inverno siamo nuovamente scaraventati. Folate di vento gelido, un cielo da Atlante delle Nuvole, neri addensamenti sui rilievi circostanti. Ci sono tutto gli ingredienti per una fuga dalla pioggia preannunciata, che arriva puntuale di lì a poco. E così Collalto Sabino entra di diritto nella classifica “Luoghi da rivisitare”. Nelle immagini la “toccata e fuga”, i “trenta minuti per trenta scatti”, le pietre umide ed il muschio di un luogo da conservare, di delicata bellezza, solitario e malinconico.
Finisce con una corsa-ritorno nella Capitale, su una A24 a prezzi oramai improponibili, tra lo sferzare dei monsoni di un inverno ritrovato.
Finisce nel sempiterno sole di Roma, dietro ad un’arancina ed una birretta amichevole, su Via Prenestina.
Voleva essere strano questo sabato. Lo è stato. Di certo originale e gradevole.
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