Lungo la SS131 che connette Artide e Antartide della Sardegna sfilano toponimi da sballo: Codrongianos, Bessude, Bonnanaro, Macomer, Marrubiu, Uras…
La nostra fermata è Paulilatino (da pronunziarsi proparossitona o sdrucciola, rigorosamente); dalla Statale vedi solo una stradina in salita laterale, un muretto a secco e le chiome degli ulivi. Dietro si cela uno dei misteri archeologici più insondabili: le origini ed il significato del Pozzo di Santa Cristina.
Mentre scendi le scale direzione Centro della Terra, fiancheggiato da blocchi di basalto tagliati al laser, non sai dove lo Stargate ti depositerà, se in antico Egitto, o tra i misteri di una antica Civiltà Nuragica, circondato dagli Shardana. La sensazione è straordinaria; i rumori esterni si attutiscono sino a sparire ed appaiono strani echi riverberati e mixati con il tintinnio metallico dell’acqua sul fondo del pozzo. Scatto alcune foto e in post-produzione mi accorgo di aver fatto l’ecografia del ventre della Madre Terra. Non è un caso…
In superficie, nel mondo terreno ci si torna ionizzati da impalpabili energie intrappolate da millenni in quell’antro.
Ecco, questo sito è uno di quei posti dove, se chiudi gli occhi e scatti una foto a caso con la reflex a mezz’aria, fai comunque una bella foto; nell’inquadratura randomica sarai sicuro di trovare un cerchio di pietre, un nuraghe che si nasconde nella foresta, un menhir, le fronde degli ulivi secolari o una palizzata di fichi d’india; il tutto in perfetta armonia.