Iniziamo a salire. Iniziano le curve. Inesorabili, secche, dure da Abruzzo in forra. A tratti la luce quasi si occulta. Sfilano di lato paesi improbabili, costruiti su torrioni rocciosi ricoperti di impenetrabile vegetazione. Ad un tratto il panorama si apre repentino e spunta una vallata soleggiata. L’aria sa di pino mugo e diritto davanti appare Campo di Giove. Un caro amico di giovinezza trascorreva tutte le estati lì, sovente mi raccontava di questo paese ai piedi della Maiella. La curiosità fa il resto e rimaniamo piacevolmente intrappolati dalla gioconda aria di ozio montanaro che si respira nella sua piazzetta a guisa di una Cortina d’Abruzzo. Tetti in legno, geranietti ai balconi, una manciata di case in pietra con architettura sopraffina. La birra è d’obbligo, stempera le tante curve e un po’ di calura.
Ripartiamo. La strada piega bruscamente a sud e si infila in una vallata aerea. La macchina si trasforma in un aliante e voliamo leggeri a fil di brezza dentro prati enormi pieni di balle di fieno, mentre la famosa linea ferroviaria della Maiella ci scorre accanto in una atmosfera quasi da leggenda di età dell’oro.
Altro cambio di direzione. Via, veloci verso nord adesso. Ricomincia una serie convulsa di curve. La telefonia cellulare è un miraggio da queste parti. Iniziano toponimi da capogiro: Palena, Lettopalena, Taranta Peligna. Il versante Est della Maiella si apre in una spettacolarità di forme modellate da inverni violenti. Ad un tratto un rettilineo; sulla sinistra scorre una casa gialla con un insegna. È il Rifugio Fonte della Noce ed è l’ora del pranzo, ed un posto così non lo trovi neanche nei libri di avventura alla Kerouac. Grandi querce e tavole apparecchiate nella loro ombra; intorno un paesaggio mozzafiato da grande prateria. Veniamo accolti da Serena e Michele, che ci organizzano un tavolino sotto l’albero. Pranziamo con pietanze sopraffine, autentiche, con un vinello gentile ed una genziana perfetta; e veniamo trattati come due re, in un posto che pare scaturito più dalla magia di qualche elfo che dalla mano dell’uomo.
Nel ringraziare ci viene chiesto di scattare alcune foto al Rifugio con le nostre reflex; in cambio riceviamo in dono una bottiglia di genziana. Poi ci salutiamo con tanto sorriso, mentre la strada riprende a scendere in curvoni impossibili dentro ad un bosco pieno di ombra.
2 Commenti. Nuovo commento
e’ un reportage strepitoso!!! Tipo quelli di Rumiz (peccato che siano pubblicati su Repubblica. E perciò non li leggo più).
Grazie Luigi. Proprio a lui sono inspirato nelle mie lente perigrinazioni, oramai da anni.
🙂